Anche oggi,
come spesso accade, un'escursione in natura si rivela una preziosa occasione
per riflettere e imparare qualcosa di nuovo…
Nelle immagini si vedono le necrosi prodotte nel fogliame delle faggete del Monte Carevolo, nel cuore dell’Appennino Ligure, dalle nevicate dello scorso 22-23 Aprile.
Tutto sommato nulla di cui sorprendersi, le giovani foglie di faggio, nel periodo in cui germogliano (tra metà Aprile e metà Maggio) risultano infatti particolarmente sensibili alle basse temperature e alla disidratazione e vengono facilmente danneggiate da episodi di gelo intenso o di favonio persistente.
In questo caso il danno maggiore, con una percentuale di foglie necrotizzate pari a circa il 20-30%, si è verificato tra i 1.100 e i 1.400mt di altitudine poiché a quote inferiori la neve depositata sul fogliame si è fusa rapidamente mentre più in alto le foglie non erano ancora germogliate.
E’ in questa sensibilità del faggio al gelo primaverile che trova spiegazione la distribuzione di questo albero che in genere prospera sui rilievi montuosi situati in prossimità di grandi masse d’acqua e al riparo dai freddi e secchi venti di tramontana.
Non è un caso quindi se le più estese e rigogliose faggete italiane si collocano sull’Appennino, è qui infatti che i miti e umidi venti provenienti dal Mediterraneo garantiscono quelle condizioni equilibrate di umidità e temperatura favorevoli allo sviluppo di queste grandiose formazioni forestali.
Proprio per la loro eccezionalità eventi come questo non influiscono comunque sulla salute di questi boschi, laddove invece la loro frequenza aumenta, come nelle aree più interne e continentali delle Alpi, ecco che le faggete cedono rapidamente il passo alle foreste di conifere meglio predisposte a fronteggiare tali circostanze.
Nelle immagini si vedono le necrosi prodotte nel fogliame delle faggete del Monte Carevolo, nel cuore dell’Appennino Ligure, dalle nevicate dello scorso 22-23 Aprile.
Tutto sommato nulla di cui sorprendersi, le giovani foglie di faggio, nel periodo in cui germogliano (tra metà Aprile e metà Maggio) risultano infatti particolarmente sensibili alle basse temperature e alla disidratazione e vengono facilmente danneggiate da episodi di gelo intenso o di favonio persistente.
In questo caso il danno maggiore, con una percentuale di foglie necrotizzate pari a circa il 20-30%, si è verificato tra i 1.100 e i 1.400mt di altitudine poiché a quote inferiori la neve depositata sul fogliame si è fusa rapidamente mentre più in alto le foglie non erano ancora germogliate.
E’ in questa sensibilità del faggio al gelo primaverile che trova spiegazione la distribuzione di questo albero che in genere prospera sui rilievi montuosi situati in prossimità di grandi masse d’acqua e al riparo dai freddi e secchi venti di tramontana.
Non è un caso quindi se le più estese e rigogliose faggete italiane si collocano sull’Appennino, è qui infatti che i miti e umidi venti provenienti dal Mediterraneo garantiscono quelle condizioni equilibrate di umidità e temperatura favorevoli allo sviluppo di queste grandiose formazioni forestali.
Proprio per la loro eccezionalità eventi come questo non influiscono comunque sulla salute di questi boschi, laddove invece la loro frequenza aumenta, come nelle aree più interne e continentali delle Alpi, ecco che le faggete cedono rapidamente il passo alle foreste di conifere meglio predisposte a fronteggiare tali circostanze.
(John Muir)
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